... Misurina
lo aspettava, seduta sullo spalto più alto del castello e non appena lo vide:
-Ebbene,- gli gridò –me l’hai portato?-
-Eh
si, te l’ho portato- ansimò il poverino grondando sudore; e presala per mano
per parlarle meglio, le riferì l’ambasciata della fata del Monte Cristallo.
Misurina
battè le mani.
-E’
solamente ciò? Dammi pure lo specchio papà, e non pensarci. Diventare una
montagna dev’essere una bellissima cosa. Anzitutto non morirai più, poi ti
coprirai di prati e di boschi e io mi ci divertirò-
Il
poverino impallidì, ma tanto valeva, la sua condanna era stata decretata.
Non
appena Misurina ebbe afferrato lo specchio, Sorapìs si ampliò, si ampliò,
gonfiò, parve lievitasse nel sole, si impietrì, e, in un attimo, diventò la
montagna che ancora oggi si erge di fronte al Monte Cristallo.
Misurina,
trovatasi a un tratto innalzata a quell’altezza prodigiosa, sulla cresta di una
montagna bianca e nuda, dove a poco a poco gli occhi di suo padre morivano,
gettò un grido terribile e, presa da capogiro, con il suo specchio verde
precipitò giù.
Allora,
dagli occhi semispenti di Sorapìs incominciarono a scendere lacrime e lacrime e
lacrime, fino a che gli occhi si spensero e le lacrime non piovvero più.
Con
quelle lacrime si è formato il lago sotto cui giacciono Misurina e lo specchio,
e in quel lago il Sorapìs si riflette e cerca con gli occhi morti la sua bimba
morta.